Alzheimer: scoperto nuovo meccanismo che causa la morte delle cellule cerebrali

Una nuova ricerca ha trovato quella che sembrerebbe essere un nuovo meccanismo che causa la morte delle cellule cerebrali e l’Alzheimer

L’enigma dell’Alzheimer è stato oggetto di studio e dibattito scientifico per oltre 40 anni. La morte delle cellule cerebrali, o neuroni, e l’accumulo di due proteine (amiloide e tau) nel cervello, che caratterizzano questa malattia, sono state fonte di mistero e discussione a lungo. Finalmente, però, sembra che sia giunto un nuovo punto di svolga grazie alle scoperte fatte attraverso un recente studio. Vediamo di cosa si tratta.

Uno studio ha scoperto un meccanismo responsabile dell’Alzheimer: ecco di cosa si tratta

Un team di ricercatori provenienti dal Dementia Research Institute dell’University College di Londra e dalla KU Leuven in Belgio sembra aver fornito una prova convincente su come e perché i neuroni muoiano. Hanno collegato il meccanismo di accumulo di proteine anomale nel cervello alla “necroptosi“, una forma di morte cellulare programmata. Questo risultato apre nuove prospettive per la ricerca e la terapia dell’Alzheimer, una malattia che, di recente, ha visto l’arrivo di nuovi farmaci mirati all’amiloide, ma con limitazioni nella loro somministrazione a tutti i pazienti e con potenziali effetti collaterali gravi.

La recente ricerca, pubblicata su Science, è stata condotta utilizzando topi geneticamente modificati ai quali sono stati introdotti nel cervello circa 100.000 neuroni umani. Secondo i ricercatori, la proteina amiloide anomala inizia ad accumularsi negli spazi tra i neuroni, causando un’infiammazione cerebrale che è avversa ai neuroni. Questo processo altera la chimica interna delle cellule cerebrali, portando alla formazione di grovigli di tau e all’attivazione di una specifica molecola chiamata Meg3, che innescherebbe la necroptosi, ovvero una forma di morte cellulare programmata.

Radiografia di un cervello umano
Immagine | Pixabay @haydenbird – Importpharma.it

Ciò che rende significativa questa scoperta è che le cellule cerebrali sono sopravvissute quando i ricercatori sono riusciti a bloccare la molecola Meg3 utilizzando farmaci somministrati per via orale, compresi due antitumorali e un antinfiammatorio.

Questa scoperta, seppur in una fase iniziale, è importante perché indica nuovi meccanismi di morte cellulare nell’Alzheimer che non avevamo compreso in precedenza e potrebbero aprire la strada a nuovi trattamenti per rallentare o addirittura arrestare la progressione della malattia in futuro”, ha commentato Susan Kohlhaas, dottoressa dell’Alzheimer’s Research UK.

Ma che cos’è il morbo di Alzheimer? La malattia di Alzheimer (AD) rappresenta la forma più diffusa di demenza, una condizione neurodegenerativa che progressivamente danneggia le cellule nervose, soprattutto nelle regioni cerebrali responsabili del processo di apprendimento e memoria.

Il primo sintomo evidente nei pazienti affetti da questa malattia è spesso la perdita di memoria a breve termine. Nel corso del tempo, la progressione della malattia può variare notevolmente, portando gradualmente alla perdita della capacità di svolgere attività quotidiane anche molto semplici e alla progressiva dipendenza, fino a quando il paziente non riesce più a riconoscere i propri familiari.

Un’osservazione nel cervello di una persona affetta da Alzheimer mostrerebbe neuroni compromessi circondati da aggregati di una proteina nociva chiamata beta-amiloide, circondati da cellule infiammatorie diventate anch’esse dannose. Il cervello subisce danni a vari livelli, compresi i vasi sanguigni, e sperimenta uno stato di infiammazione persistente. Questo comporta una riduzione dell’attività cerebrale, poiché i neuroni non sono in grado di comunicare in modo efficace e di trasmettere le informazioni necessarie per la memorizzazione, fino a portare alla progressiva perdita di ricordi, compresi quelli più lontani, a causa della degenerazione neuronale.

Come stimato dalla Società Internazionale dell’Alzheimer Disease, questa malattia colpisce ad oggi circa 55 milioni di persone nel mondo, un numero destinato a crescere ulteriormente in misura significativa.

Ma quali sono le principali cause dell’Alzheimer? La malattia di Alzheimer si suddivide in due principali forme:

  1. Forma familiare: Questa forma è associata a mutazioni genetiche specifiche ed è responsabile di circa il 10% dei casi di Alzheimer. Generalmente, si manifesta prima dei 60-65 anni di età.
  2. Forma sporadica: Questa forma rappresenta la maggioranza dei casi, circa il 90%, e non è associata a mutazioni genetiche riconosciute. È più comune dopo i 65 anni di età, ma può manifestarsi anche in età più giovane. Nonostante non sia geneticamente determinata, è stata osservata una predisposizione familiare.

Il processo neurodegenerativo alla base della malattia di Alzheimer è complesso. Uno dei principali fenomeni patologici precoci è la formazione di aggregati di proteina β-amiloide (Aβ) nel cervello, che variano in dimensioni e complessità strutturale, da piccoli aggregati chiamati oligomeri alle tipiche “placche senili” diffuse nella malattia di Alzheimer. Studi hanno evidenziato che i piccoli aggregati (oligomeri) possono causare disfunzioni neuronali responsabili dei disturbi cognitivi caratteristici della malattia.

Oltre agli aggregati di Aβ, la malattia di Alzheimer presenta un’altra lesione comune, ovvero la formazione di “grovigli neurofibrillari” all’interno dei neuroni, costituiti da aggregati di una proteina chiamata Tau. Oltre ai neuroni, le cellule gliali del cervello vengono coinvolte nel processo. Queste cellule, attivate dagli aggregati di β-amiloide e da altri fattori, rilasciano sostanze tossiche che innescano un processo infiammatorio cronico nel cervello, contribuendo alla morte dei neuroni. Si tratta di un ciclo vizioso difficile da interrompere.

Le fasi della malattia di Alzheimer possono essere suddivise principalmente in tre:

  1. Fase Lieve: In questa fase iniziale, i sintomi possono includere disattenzione, perdita di memoria per eventi recenti e difficoltà linguistiche. Tuttavia, riconoscere la malattia in questa fase può essere difficile poiché i sintomi possono essere attribuiti ad altre cause o considerati semplici segni di invecchiamento.
  2. Fase Moderata: Con il progredire della malattia, i sintomi diventano più evidenti e gravi. Le persone affette possono sperimentare una perdita significativa di memoria a breve e lungo termine, confusione, difficoltà a svolgere attività quotidiane come vestirsi e preparare i pasti, oltre a cambiamenti comportamentali e dell’umore.
  3. Fase Grave: Nelle fasi avanzate della malattia, l’individuo perde la capacità di comunicare in modo significativo, riconoscere familiari, e svolgere qualsiasi attività quotidiana senza assistenza. È una fase estremamente debilitante che richiede cure a tempo pieno.

La diagnosi della malattia di Alzheimer è un processo complicato. Sebbene siano state sviluppate indagini neuropsicologiche e strumentazioni avanzate per riconoscerla rispetto ad altre forme di demenza, la diagnosi definitiva può essere confermata solo mediante l’esame post-mortem del cervello, quando è possibile osservare le placche senili e i grovigli neurofibrillari.

La difficoltà nella diagnosi precoce è dovuta al fatto che i danni ai neuroni iniziano molto tempo prima che i sintomi evidenti si manifestino. Questo rende difficile arrestare il processo patologico e ripristinare le funzioni cerebrali, ed è uno dei motivi per cui molte terapie mirate all’Aβ e ad altri meccanismi d’azione hanno incontrato difficoltà nel trattamento della malattia.

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